Se vieni in viaggio nell'Abruzzo Marrucino, collinare e montuoso, non puoi che iniziare a scoprire le sue donne e i suoi uomini, i loro mondi da sempre protetti dalle barriere naturali delle montagne. Un Abruzzo bello e segreto, uno scrigno prezioso da aprire con pazienza, pieno di sorprese e non più incentrato solo sulle famose tre effe: feste, farina e forchetta.

Le feste tradizionali e folcloristiche hanno una matrice popolare che si è arricchita, nel tempo, di modifiche e revisioni, ma il carattere suggestivo di riti e cerimonie si è conservato quasi sempre nella sua naturale bellezza.

Le stesse feste tradizionali abruzzesi scandiscono stagioni e lavori agricoli, ed è possibile stilare un vero e proprio calendario.

Riportiamo qui le più significative, tra feste di propiziazione e quelle di ringraziamento. Le prime sono costituite da cerimonie volte a ottenere la benevolenza divina per l'abbondanza dei raccolti e il benessere della comunità. I rituali iniziano con l'accorciarsi dei giorni e l'approssimarsi dell'inverno. Il tema ricorrente in questo tipo di feste è la rigenerazione della vita, e l'elemento sacrale che le caratterizza è il fuoco, come quelle dedicate a Sant'Antonio Abate la cui figura ha colpito in modo particolare l'animo semplice del popolo contadino e pastorale abruzzese. Il suo culto, diffuso ovunque fin dai primi tempi della cristianità, è ancora radicato in questa regione.

Successivamente il sole, dopo aver attraversato l'equinozio di primavera, giunge al culmine della sua potenza nel solstizio d'estate, il giorno più lungo dell'anno che coincide con la notte più corta, quella dedicata a San Giovanni Battista. Subito dopo, il sole ridiscende dall'orizzonte per ritrovarsi, alla fine dell'anno, pronto a ricominciare un nuovo ciclo. 

I rituali che hanno carattere di ringraziamento, come appunto quello di San Giovanni Battista, si effettuano a partire dal raccolto estivo e si concludono con l'equinozio autunnale. Protagonisti sono i fiori, l'acqua, ma a volte si associa a essi il fuoco.

Sant'Antonio Abate. Il fuoco delle farchie brucia l'anno vecchio

Le Farchie nella Festa di Sant'Antonio Abate

A Fara Filiorum Petri c’è una notte magica che si ripete identica da tempo immemore lungo la valle del fiume Foro, in un borgo fortificato sul promontorio che si erge tra due dei suoi affluenti. È la notte in cui una intera comunità riposa con le immagini ancora vive negli occhi, di preparativi, incontri, mangiate e bevute. Sono le immagini della Festa delle Farchie, rito di purificazione e propiziazione per la fertilità della terra, rinnovato ogni anno in occasione della ricorrenza di Sant'Antonio Abate. 

La farchia è un totem di canne di bambù che ogni contrada, nel primo pomeriggio del 16 gennaio, incendia ormai al tramonto, contemporaneamente alle altre su un grande piazzale del paese. Viene trasportata su trattori, o più raramente a spalla, dai contradaioli, accompagnati da canti e suoni di organetti e tamburelli. La destinazione è il piazzale davanti alla chiesa di Sant'Antonio, in cui le farchie vengono innalzate con gesti rituali che mostrano la forza virile e la precisione della tecnica. 

La Festa delle Farchie, con tutto il resto che ruota intorno ai giganti di canne, ha conservato negli anni il suo carattere ludico e allegro. In ognuna delle circa dodici contrade si comincia a lavorare all'inizio di ogni nuovo anno, con motivazioni profonde che la allontanano da qualsiasi forma di spettacolarizzazione. 

Il culto di sant'Antonio

Sant'Antonio Abate

Nell'Abruzzo, regione che ancora sa conservare rituali collettivi legati all'ambiente, alle stagioni, agli animali, nel mese di gennaio, un po' ovunque si celebrano riti in onore di Sant'Antonio abate, un vero e proprio culto. Sant'Antonio Abate, monaco asceta vissuto in Egitto nel IV secolo, ha trascorso gran parte della sua vita come eremita nel deserto della Tebaide ed è considerato uno dei padri del monachesimo.

Riportiamo alcune testimonianze qui.

I Santi Sposi

Le statue di Santa Maria e San Giuseppe in processione

La particolare ricorrenza dei Santi Sposi ha carattere devozionale, è unico nel panorama mondiale. Nasce probabilmente nel XVII secolo, forse come ex voto per un matrimonio tra due importanti personaggi locali, e nel XVIII secolo l’evento è diventato tanto importante da essere riproposto in un affresco situato nella principale chiesa del paese, ispirato a temi della scuola di Raffaello.

Si  tratta  di una delle prime feste dell’anno, che ha ricorrenza il 23 di gennaio a San Martino sulla Marrucina, molto sentita dalla comunità. Come quasi tutte le feste del paese, anche questa è legata al culto del santo patrono, San Giuseppe, che viene festeggiato in altre due ricorrenze, il 19 marzo che coincide con la festa patronale e il Patrocinio di San Giuseppe, che si tiene due settimane dopo la Pasqua.

La celebrazione dei Santi Sposi è un modo per ricordare e festeggiare il matrimonio tra La Beata Vergine e San Giuseppe. Si tratta di una vera a propria ricostruzione di un matrimonio reale, anche se di fatto è simbolico. Tutta la festa si svolge al mattino: si inizia con la Santa Messa in San Cristinziano, durante la quale vengono esposte le statue della Beata Vergine e di San Giuseppe. Durante la messa viene data la benedizione alle coppie dei fidanzati presenti, a render ancor più sacro l’amore che li lega e ufficializzare il loro sentimento. Alla fine della cerimonia, le due statue vengono portate in processione lungo un percorso che attraversa l'intero perimetro del centro storico, a simboleggiare la benedizione dei novelli sposi su tutti. È tradizione che la statua della Madonna sia portata dalle donne, mentre quella di San Giuseppe dagli uomini del paese. I partecipanti seguono il corteo capeggiato dai membri della congrega di San Giuseppe, antichi custodi dei riti del santo, che indossano la caratteristica mantellina celeste e tunica bianca stretta da un cordone color oro.

Una volta che le statue rientrano in chiesa, vengono sistemate davanti all’altare, come in un vero matrimonio. Inoltre si distribuiscono confetti benedetti che indicano la volontà degli sposi di rendere partecipi i fedeli della gioia per la loro unione. I confetti, un prodotto tipico dell’Abruzzo antico, vengono confezionati in ciuffetti di tulle e sistemati in grandi ceste ai piedi dell’altare per poi consegnarli ai fedeli. La tradizione dei confetti è molto antica ed è legata al sogno di un membro della Congregazione al quale apparve in sogno San Giuseppe: il Patrono chiese confetti per festeggiare il suo sposalizio e da quel momento la tradizione ebbe questa ulteriore caratteristica.

I confetti sono considerati beneauguranti  per chi li riceve, soprattutto per le giovani coppie che si sposeranno entro l’anno.

La Festa di San Giuseppe

La statua di San Giuseppe in processione

La Festa di San Giuseppe è legata alla venerazione del Santo patrono che, leggenda vuole, si oppose all’invasione del paese di San Martino sulla Marrucina da parte dei francesi nel 1799.

La festa si tiene il 18 e 19 marzo di ogni anno. Il Comitato festa, per reperire i fondi, organizza in paese la preparazione di piccoli pani, chiamati “pane di San Giuseppe”, impastati con anice, e la raccolta di una certa quantità di vino rosso locale. Il pane e il vino vengono quindi benedetti in chiesa e il Comitato, divisosi in piccoli gruppi e al suono di un tamburello, li distribuisce nei paesi limitrofi in cambio di offerte.

Consuetudine vuole che il pane venga baciato prima di essere consumato e che si faccia una preghiera prima di bere il vino, a sancirne la sacralità.

Si arriva quindi al 18 di marzo, quando alla sera, vi è “l’Esposizione”, una cerimonia durante la quale la statua del Santo e l’intera chiesa gremita di fedeli vengono lasciate al buio per poi essere illuminate improvvisamente e inondate dalla musica della banda musicale rimasta fuori dalla chiesa.

L'intento è di rievocare con il fragore l’apparizione del Santo ai francesi che si preparavano all'invasione. Il giorno dopo, inoltrandosi per il paese, il visitatore viene proiettato fuori dal tempo: il centro storico brulica di venditori, come negli antichi mercati e si può assistere alla processione del Santo, che deve raggiungere i 4 angoli del paese per la benedizione. I fedeli procedono dietro la statua di San Giuseppe, mentre il corteo è guidato dall’antica “Congrega di San Giuseppe”, con la caratteristica mantellina azzurra e tunica bianca. È questa che trasporta le insegne del Santo e una antica croce processionale che viene esposta solo in questa occasione.

Un improvviso fuoco pirotecnico potrebbe farvi sobbalzare il cuore, i dolci tipici potrebbero estasiarvi, la partecipazione al “Carro”, una vera e propria asta di prodotti enogastronomici tipici offerti dai cittadini, potrebbe esaltarvi.

Il consueto concerto finale vi condurrà alla mezzanotte, quando lo spettacolo pirotecnico più grande chiuderà la festa, rievocando gli antichi tornei in cui nei secoli scorsi i maestri polverieri di San Martino si sfidavano in onore del Santo.

Il culto di "San Giuseppe il difensore" è molto antico a San Martino sulla Marrucina. La prima cappella venne realizzata tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Ad esso sono legate molte leggende. La più famosa racconta che un vecchio intimò alle truppe napoleoniche, nel 1799, di non assalire il paese. Queste sorrisero davanti alla minaccia e si lanciarono al galoppo verso il paese, cercando di travolgere l’anziano. Ma una immensa luce inondò l’uomo che si manifestò rivelando di essere San Giuseppe. I cavalli francesi si inginocchiarono e i soldati fuggirono atterriti rivolgendo i loro attacchi alla vicina Guardiagrele e risparmiando il paese.

La Processione delle Verginelle

A Rapino l'8 maggio si celebra la Festa delle verginelle, in onore della Madonna del Carpineto.

Secondo la leggenda la Madonna apparve su un albero di carpine a un pastorello mentre pascolava il gregge, chiedendogli di andare a chiamare il prete. Il ragazzo, tornato con i paesani, trovò al suo posto una statua che la raffigurava.

Considerato un messaggio divino, sul luogo fu così costruita una chiesa in suo onore, nella quale è conservata la statua del miracolo che non viene mai portata fuori dalla chiesa. Si racconta, infatti, che quando una volta si tentò di muoverla divenne tanto pesante da far desistere dall'intento.

La ricorrenza dell'otto maggio è collegata anche a un intervento miracoloso della Madonna del Carpine che, dietro invocazione dei fedeli, fece piovere dopo una importante siccità che aveva colpito il paese.

Le verginelle di Rapino

Nel corso della festa il momento centrale è rappresentato dalla Processione delle verginelle che sfilano insieme ai paggetti e alle figlie di Maria. Tutti indossano un abito particolare, la "greca", mentre i gruppi vengono divisi in base all'età. Le verginelle mostrano sulla tunica gli ori di famiglia, che in tal modo vengono esposti in processione e offerti simbolicamente alla Madonna del Carpine. La particolare e accurata acconciatura delle verginelle viene preparata, dalle nonne e dalle madri, la mattina del giorno della festa. Questa tradizione è ancora viva nel sentimento religioso dei rapinesi.

Video di copertina di Rocco Micucci

Foto di Valerio Di Valerio

I pellegrini di Vacri in cammino con la Madonna delle Grazie

Madonna delle Grazie di Vacri

In una notte di maggio, le strade di Vacri e dei paesi limitrofi, e fino a Francavilla al Mare, si illuminano con le torce dei pellegrini che portano in processione l’effige della Madonna delle Grazie incoronata da fiori e rose. Il quadro è al centro di una devozione popolare che dura da secoli e che spinge i pellegrini di Vacri a percorrere decine di chilometri tra valli e campagne, tra strade sterrate e percorsi urbani, verso la Val di Foro. I pellegrini camminano ininterrottamente tutta la notte fino all’alba del mattino seguente, alternando canti dedicati alla Vergine e preghiere del Rosario e incontrando i fedeli che li attendono lungo le strade illuminate dai ceri lasciati accesi nelle case. A tratti vengono fatti esplodere piccoli fuochi di artificio

Durante il percorso il corteo sosta in piccole chiese rupestri e all’alba viene accolto da una rappresentanza di fedeli francavillesi che offre una abbondante colazione. L’incontro tra le due comunità avviene nella piccola chiesa di campagna, di Santa Maria della Croce, vicino all’ex Convento, oggi Museo Michetti.

La processione ha come protagonista una ragazzina, estratta a sorte la domenica che precede il pellegrinaggio, incaricata insieme ad altre due aiutanti sue coetanee, di trasportare il grande quadro con l’immagine della Madonna durante l’intero percorso. La scelta della ragazza e delle sue aiutanti segue una ritualità antica e coinvolge emotivamente l’intera comunità locale.

Il corteo termina nella cattedrale di Francavilla al Mare dedicata a San Franco in quanto l’antico santuario della Madonna delle Grazie nel borgo marino, da secoli meta dei pellegrini di Vacri, fu minato dai tedeschi e distrutto durante la Seconda guerra mondiale.

La Festa dei Banderesi

La sfilata dei canestri di fiori alla Festa dei Banderesi

A Bucchianico, la domenica precedente il 23 maggio, iniziano i festeggiamenti per la Festa dei Banderesi, che si protraggono per una settimana. La caratterizzano fiori di carta colorati, sbandieratori e musici. Lungo il corteo storico sfilano anche armigeri e balestrieri, tutto in elegante stile medievale.

La sfilata è in onore di Sant'Urbano I, papa e martire. Secondo le testimonianze popolari e gli scritti storici, la festa ha origine dalla volontà della città di Chieti di estendere la sua dominazione sul feudo di Bucchianico. I fatti risalgono al lontano Trecento e la leggenda narra della resistenza degli abitanti di Bucchianico dovuta a un evento prodigioso. Fu proprio Sant'Urbano, copatrono del paese, a suggerire loro uno stratagemma per opporsi all'esercito nemico, apparendo in sogno al Sergentiere. Più che la vittoria, dai fatti leggendari traspare la strategia adottata dal Sergentiere che consisteva nel far correre i suoi uomini ornati di pennacchi di piume colorate sui merli della cinta muraria di Bucchianico, seguendo una traiettoria a serpentina per dare l’impressione all’esercito nemico di essere più numerosi. Da questo fatto si dice abbia origine la ciammaichella. L'esercito di Chieti si ritirò in tutta fretta sciogliendo l’assedio. A ricordo di questo fatto si continua a rappresentare la ciammaichella durante la Festa.

La notte di San Giovanni

L'acqua di San Giovanni

Il 24 giugno la festa di San Giovanni Battista segna il solstizio d'estate. Nella Notte di San Giovanni il mare, i corsi d'acqua e la rugiada assumono poteri magico-terapeutici. Festa religiosa e rito magico allo stesso tempo, è legata alla natura che si rinnova ciclicamente, all’eliminazione delle negatività, alla propiziazione di benessere e ai gesti purificatori compiuti attraverso acqua e fuoco. Invoca la prosperità, ed è accompagnata da doni e prodigi.

In questa notte magica le streghe girano per compiere sortilegi e le erbe amplificano il loro potere curativo. I simboli rituali sono l'acqua, i fiori e le erbe tipici della stagione, ma anche spighe di grano. Per questo ha carattere di ringraziamento e arriva dopo la trebbiatura.

A Roccamontepiano in questa notte si accendono dei falò per ricordare la frana che nel corso del Settecento distrusse completamente il paese. Solo la chiesa di San Rocco rimase in piedi, e questo amplificò la devozione e il culto per San Rocco.

Vacrum Sine Portis

Vacrum Sine Portis, sfilata storica

Nel piccolo paese di Vacri, della provincia di Chieti, a luglio va in scena “Vacrum Sine Portis”, una colorata rievocazione storica medievale con costumi d’epoca, spettacoli, sfilate e degustazione di prodotti tipici del luogo. L'evento è organizzato dall'omonima associazione.

Vacri ricostruisce uno degli episodi che la videro protagonista in pieno Medioevo, nell’epoca delle prime Crociate, ripercorrendo le affascinanti gesta del 1173, quando Guglielmo Picino, governatore della cittadina, che da pochissimo era passata dal Gastaldato longobardo di Teate (Chieti) alla Contea di Manoppello, offrì al conte Pietro di Paleara, feudatario di re Guglielmo II d'Altavilla, di raddoppiare il tributo dei militi a cavallo pagato fino ad allora da Vacri.

Così in quell'anno, quattro tra i più valenti cavalieri della cittadina, partirono per la Terrasanta insieme alle truppe del re normanno che si univa alla Terza Crociata - la cosiddetta “Crociata dei Re” - che portò alla fondazione del regno di Terrasanta con capitale San Giovanni d'Acri.

Nei due giorni della rievocazione, al calar del sole, arcieri, armigeri, danzatrici del ventre, fachiri affollano il borgo con taverne medievali, bettole ricostruite e botteghe di antichi mestieri.

Ognuno dei due giorni, il borgo medievale si apre con la degustazione dei menu dell’epoca e le dimostrazioni dei lavori di quel tempo. Ancora, sfilate di artisti di strada e spettacoli di combattimento simulato.

Vacrum sine portis” costituisce per tutti i vacresi una riappropriazione della memoria storica, riproposta a coloro che vogliono tuffarsi in un’ambientazione medievale. Due serate in cui Vacri ripercorre gli anni, insieme bui ed esaltanti, che hanno formato la coscienza collettiva e alimentano il senso di identità.

La Festa di San Rocco a Roccamontepiano

La statua di San Rocco a Roccamontepiano

Sul calendario è il 16 agosto il giorno dedicato a San Rocco, ma a Roccamontepiano, tra i paesi più rinomati per la celebrazione popolare del Santo, la Festa di San Rocco inizia alcuni giorni prima con un ricco programma, religioso e civile, che richiama migliaia e migliaia di persone, insieme alla porchetta e al caratteristico Vino Cotto.

La ritualità collegata a questo periodo esprime contenuti propiziatori per attirare la benevolenza della natura. La devozione verso questo santo è legata alle sue capacità taumaturgiche di prevenire la peste e le malattie della pelle.

Il culto di San Rocco crebbe per importanza a Roccamontepiano dopo il 1765, quando una frana distrusse l’intero paese risparmiando la chiesa a lui intitolata. È usanza dei fedeli bere l’acqua della sorgente di San Rocco ritenuta miracolosa, che sgorga nella grotta a un passo dalla chiesa.

Le caratteristiche "brocche di San Rocco" sono nate con la funzione di raccogliere quest'acqua taumaturgica e oggi sono diventate un oggetto ricercato da collezionare per la scritta dell'anno con cui vengono effigiate.

 

Premio Città di Vacri & Nobbèle d’Abbruzze

Francesco Sabatini

Il Premio Città di Vacri è un importante evento culturale della cittadina in provincia di Chieti, fondato dal grande poeta dialettale, musicologo e scultore vacrese Rocco Paciocco. Per questo Vacri può essere considerata la capitale regionale della poesia dialettale abruzzese. 

Ogni anno viene riproposto nel mese di dicembre, tra alberi addobbati e luci colorate. Il suo obiettivo è tenere vivo il vernacolo abruzzese che contiene in sé ricchezza di particolari e originalità, espressioni del popolo, non riscontrabili nemmeno nella lingua italiana. 

Ad esso è stato abbinato, dal 1977, il Premio biennale "Nobbèle d’Abbruzze", riservato a persone meritevoli dell'Abruzzo e che nel 2017 è stato assegnato al professor Francesco Sabatini.

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