di: Abruzzo Marrucino

I pellegrini di Vacri

Da secoli la processione dei fedeli raggiunge Francavilla al Mare

Vacri

In una notte di maggio, le strade di Vacri e dei paesi limitrofi, e fino a Francavilla al Mare, si illuminano con le torce dei pellegrini che portano in processione l’effige della Madonna delle Grazie, incoronata da fiori e rose. Il quadro è al centro di una devozione popolare che dura da secoli e che spinge i pellegrini di Vacri a percorrere decine di chilometri tra valli e campagne, tra strade sterrate e percorsi urbani, verso la Val di Foro. I pellegrini camminano tutta la notte fino all’alba del mattino seguente, alternando canti dedicati alla Vergine e preghiere del Rosario e incontrando i fedeli che li attendono lungo le strade illuminate dai ceri lasciati accesi nelle case. A tratti vengono fatti esplodere dei piccoli fuochi di artificio

Durante il percorso il corteo sosta in piccole chiese rupestri e all’alba viene accolto da una rappresentanza di fedeli francavillesi che offre una abbondante colazione. L’incontro tra le due comunità avviene nella piccola chiesa di campagna di Santa Maria della Croce, vicino all’ex Convento oggi Museo Michetti.

La processione ha come protagonista una ragazzina, estratta a sorte la domenica che precede il pellegrinaggio, incaricata insieme ad altre due aiutanti sue coetanee, di trasportare il grande quadro con l’immagine della Madonna durante l’intero percorso. La scelta della ragazza e delle sue aiutanti segue una ritualità antica e coinvolge emotivamente l’intera comunità locale.

Il corteo termina nella cattedrale di Francavilla al Mare dedicata a San Franco in quanto l’antico santuario della Madonna delle Grazie nel borgo marino, da secoli meta dei pellegrini di Vacri, fu minato dai tedeschi e distrutto durante la Seconda guerra mondiale.

Il pellegrinaggio tappa per tappa

Il pellegrinaggio della Madonna delle Grazie a Vacri nasce nel ‘600. Ancora oggi in una notte di maggio, le strade di Vacri e dei paesi limitrofi, e fino a Francavilla al Mare, si illuminano con le torce dei pellegrini che portano in processione l’effige della Madonna delle Grazie, incoronata da fiori e rose. Il quadro è al centro di una devozione popolare che dura da secoli e che spinge i pellegrini di Vacri a percorrere decine di chilometri tra valli e campagne, tra strade sterrate e percorsi urbani, lambendo la Val di Foro. I pellegrini camminano tutta la notte e ininterrottamente fino all’alba, alternando canti dedicati alla Vergine e preghiere del Rosario, incontrando i fedeli che li attendono lungo le strade illuminate dai ceri lasciati accesi nelle case. A tratti vengono fatti esplodere minimi fuochi di artificio. Durante il percorso il corteo sosta in piccole chiese rupestri.

Si parte intorno alle due di notte dalla chiesa Madre intitolata al patrono San Biagio, al cui lato sorge la piccola cappella dedicata alla Madonna delle Grazie.

La tradizione sembra abbia origine dal rito greco-ortodosso, introdotto a Vacri dagli albanesi che sbarcarono nella vicina costa. Si racconta che nel 1442 alcune famiglie di profughi albanesi provenienti da Dulcigno (oggi una località del Montenegro) sbarcarono in Molise e si spostarono verso nord in cerca di un luogo libero dove poter ricominciare una nuova vita. Portavano con sé, a spalla, un quadro della Madonna ed erano convinti che avrebbero avuto un segnale dalla Beata Vergine. Passato il fiume Foro e prima dell’Alento, l'icona divenne pesantissima e quello fu il segno atteso per la fine del lungo viaggio. In omaggio alla Madonna Odigitria ("colei che indica il cammino") edificarono una piccola chiesa, posta su un poggio nelle immediate colline a ridosso di Francavilla in località Setteventi, lungo la strada per Miglianico, alla quale diedero il nome di Santa Maria della Croce. Fondarono poi altre chiese di rito greco ortodosso, come da recenti studi che accertano la presenza di una colonia di albanesi nel 1446.

In seguito una parte della colonia, seguendo il corso del Foro, si spostò a Vacri e nel contado tra Ari e Semivicoli, una frazione di Casacanditella, dove si stabilì definitivamente perdendo via via la lingua d’origine e le forme orientali di culto.

È probabile quindi che l’antica immagine miracolosa ritrovata nel 1623 fosse stata importata dagli Albanesi che a lungo, anche dopo essersi spostati a Vacri, continuarono a onorare con un pellegrinaggio annuale la Madonna Odigitria di Santa Maria della Croce. A suffragio di questa ipotesi restano solo lievi tracce, come il racconto della Madonna Nera, il particolare della fanciulla vestita di bianco, tipico dei riti paraliturgici ortodossi e il fatto che il quadro, l'elemento/oggetto più importante della devozione dei vacresi, sia portato in processione affisso su una lunga pertica e contornato da una corona di fiori, secondo lo stile dei cristiani di rito greco.

Dopo un cammino nel cuore della notte, all’alba i pellegrini fanno sosta proprio nella piccola chiesa rurale di Santa Maria della Croce, restaurata di recente e dichiarata nel 1995 monumento dalla Soprintendenza BB.AA. Si trova alle porte di Francavilla al Mare, sul colle del paese, in contrada Setteventi. Qui un gruppo di fedeli accoglie i pellegrini offrendo loro caffè e vivande per alleviare la stanchezza del cammino iniziato da circa quattro ore. Un incontro tra due comunità, quella vacrese e quella francavillese, che ha il sapore antico della solidarietà. Poco dopo, nelle prime ore della mattina, si riparte per raggiungere a Francavilla al Mare la chiesa di Santa Maria Maggiore dedicata a San Franco, la tappa finale.

La ragazza che reca l’icona della Madonna non sempre guida la processione: durante il percorso, che segue vecchie strade campestri lungo la valle del Foro, uomini e donne procedono separatamente. Il cor­teo è aperto dagli uomini e chiuso dalle donne, che stringono la prescelta nel mezzo. La scelta della ragazza, che deve essere nubile e non fidanzata, avviene la domenica precedente mediante estrazione tra tutti i nomi di quelle che hanno avanzato la candidatura. La carica comporta per la famiglia l'obbligo di provvedere all’abito bianco e di offrire il pranzo ai parenti che la accompagneranno durante il pelle­grinaggio. Le due ragazze aiutanti saranno vestite di rosa.

I fedeli si concedono una pausa e imbandiscono il pranzo con il quale interrompono il digiuno che molti di loro hanno osservato fin dalla partenza. Verso le due del pomeriggio i vacresi tornano in chiesa per riprendere il quadro e danno vita ad uno scontro simbolico con i francavillesi che fin­gono di rifiutarsi di restituire l'immagine sacra.

La scena prende il nome di “lu tira ca tire e impegna due rappresentanti delle fazioni contendenti che si passano tra loro il quadro, simulando un'aggressione e una difesa.

Dopo la sosta in Santa Maria Maggiore si procede verso una piccola cappella che sorge al posto dell’antica chiesa di Santa Maria delle Grazie, vicino all’ex convento dei domenicani, oggi Mumi – Museo Michetti. Il santuario di Francavilla al Mare, meta dei pellegrini, dominava quello che un tempo era un caratteristico paese marinaro, abitato soprattutto da pescatori e contadini.

Tra leggenda e storia

L’edificio di culto, la chiesa di Santa Maria delle Grazie, era annesso a un monastero, all’epoca dichiarato monumento nazionale, ma fu completamente distrutto durante gli eventi bellici del 1943-44 e con esso fu cancellato il quartiere marinaro dei pescatori e tutto l’antico paese di Francavilla al Mare. Ma questo non impedì ai vacresi di rinnovare ogni anno il tradizionale pellegrinaggio. Dopo la distru­zione del santuario, la cappella è ospitata in un locale ricava­to in un lato del municipio.

Riguardo alle origini del santuario, si narra che esso fu costruito intorno ad una vecchia stalla in cui era apparso miracolosamente un affre­sco su un muro e che in seguito a questo evento una cieca di nome Laura riac­quistò la vista. Infatti, la costruzione distrutta nel 1943 conser­vava dietro l'altare maggiore un pezzo di muro antico su cui era dipinta una icona che alcuni racconti orali rappresentano come una Madonna Nera, mentre per altri era l’immagine di Santa Maria delle Grazie che fu rinvenuta sul muro della stalla il 17 agosto 1623, dove poi sorse il santuario a lei dedicato.

La leggenda racconta che proprio qui a una donna non vedente, alle dipendenze di una famiglia benestante, apparve in sogno la Madonna che le chiedeva di riferire al padrone di ripulire la stalla in quanto su una parete sarebbe comparsa la sua immagine. Più volte la donna fece la richiesta al proprietario della casa, ma non fu creduta. Dopo la morte delle vacche, circostanza prevista dalla Madonna, il proprietario si decise a ripulire la stalla e su una parete comparve l’immagine della Santa, contemporaneamente la serva riacquistò la vista. Da allora, dopo la Messa in Santa Maria Maggiore, ci si reca in questa cappella scenario del miracolo.

Si riprende il cammino verso Santa Maria della Croce e da qui ci si avvia sulla strada del ritorno per Vacri, dove non si deve arrivare prima del tramonto.

 

La devastazione dei raccolti in seguito alla grandine del 1643 è un rafforzativo della devozione verso la Santa. Si narra che un ricco proprietario terriero di Vacri impediva la celebrazione della processione per non distogliere i suoi operai dal lavoro che passando la notte in pellegrinaggio non si sarebbero recati al lavoro il giorno seguente. Così una violenta grandinata si abbatté proprio sui terreni di sua proprietà inducendolo a non ostacolare oltre la processione pluricentenaria che si è svolta ininterrottamente fino ad oggi, anche durante le guerre e, in forma riservata, nel periodo del Covid. Persino dopo la distruzione del santuario di Santa Maria delle Grazie annessa al conven­to dei domenicani di Francavilla al Mare, avvenuta durante Seconda guerra mondiale, ci si recava in processione con una piccola immagine della Madonna, sostando sui ruderi.  

L'organizzazione

A Vacri nelle prime ore della domenica dedicata alla estrazione a sorte, i componenti di un apposito comitato cittadino urlano “La Madonn’ te va cerchenne” (La Madonna ti sta cercando) vicino alla chiesa di San Biagio per cercare una ragazza di non più di 15 anni che avrà “l’onore” di portare l’immagine della Madonna lungo tutto il percorso descritto.

Essi si rivolgono scherzosamente alle ragazze di passaggio: un invito a partecipare al sorteggio per l’imminente pellegrinaggio che sta per ripetersi. Parole pronunciate in un contesto giocoso, ma che rendono l’idea del clima che si respira a Vacri nei primi giorni di maggio. Un clima di attesa tra tradizione e sacralità, folclore e fede. La comunità di questo piccolo paese collinare esprime con questi antichi riti una straordinaria intensità emotiva.

Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno i bigliettini con i nomi delle candidate vengono portati nella chiesa di San Biagio. Al tramonto la chiesa è gremita di fedeli provenienti anche dai paesi limitrofi e di emigranti originari di Vacri, ritornati per la ricorrenza.

Nella chiesa le donne intonano canti, preghiere e invocazioni alla Madonna. Tutti sono ansiosi di conoscere il nome della fortunata fanciulla che avrà l’onore, insieme alle sue aiutanti, di aprire il corteo dei pellegrini. Intanto il quadro che raffigura la Madonna viene estratto dalla sua teca ed esposto agli astanti. Finalmente ha luogo il sorteggio. Il nome della prescelta verrà proclamato quando sarà estratto il bigliettino con la scritta “Madonna delle Grazie”, che mette fine alla cerimonia indicando il nome estratto immediatamente prima.

Quando questo avviene, la tensione emotiva si scioglie in un lungo applauso liberatorio: tutti i presenti si abbracciano commossi e le campane della chiesa suonano a festa. Sul piazzale esterno vengono fatti esplodere alcuni petardi in segno di festa.

Vengono preparati i viveri che i pellegrini porteranno con loro durante il lungo percorso, ma qualcuno osserverà il digiuno fino al giorno seguente, così come da tradizione. Vengono preparati gli abiti che le tre ragazze indosseranno nei momenti simbolici del pellegrinaggio, all’uscita e al rientro, nelle visite alle chiese e durante le Messe.

Michetti e D'Annunzio

Francesco Paolo Michetti fu uno dei primi fotografi italiani a immortalare più volte i pellegrini mentre transitavano davanti alla sua casa-convento, sulla collina francavillese. Le sue furono in assoluto le prime foto scattate ai pellegrini di Vacri.

Era il lontano 13 maggio 1888, nelle immagini scattate da Michetti appare un gran numero di pellegrini, soprattutto donne, recanti in mano un cero, qualcuna sul capo un canestro, altre trasportano una piccola sporta. Si notano le donne scalze ma ornate con antichi gioielli abruzzesi, come spille, gli orecchini “sciacquajje” e la collana “cannatore”, conche di rame e canestri colmi di fiori e doni, olio, vino, pane e spighe di grano in segno augurale di abbondanza.

Anche l’assiduo frequentatore del Cenacolo Michettiano, Gabriele D’Annunziofu testimone diretto del pellegrinaggio vacrese. Il Vate conosceva bene il culto della Madonna delle Grazie e sempre nel maggio 1888 scrisse un articolo per il giornale romano “La Tribuna” in cui descrive le donne in processione durante la festa dedicata alla Madonna delle Grazie a Francavilla al Mare. Dopo la distruzione del Santuario della Madonna delle Grazie la festa con la processione descritta da D’Annunzio non esisterà più, al suo posto sarà istituita una festa dedicata a San Rocco celebrata dal dopoguerra fino agli anni 70-80.

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