di: Abruzzo Marrucino

Di paese in paese

Caccia al particolare

Ci vogliono tempo e sguardo amorevole per scoprire il fascino di queste terre, le colline e i primi monti della Maiella. Si devono lasciare le strade principali e inoltrarsi tra le curve delle alture, tra paesi arroccati, dolci paesaggi, valli bagnate da fiumi e corsi d’acqua, fertili terre battute dal sole e boschi impervi e selvaggi, fino alle grotte scavate nella roccia, per percepirne i contrasti.

E poi fermarsi ad ascoltare storie, quelle di gente schiva, anche diffidente, ma generosa quando se ne conquista la fiducia. Un’area abitata anticamente dal popolo dei Marrucini che ne hanno determinato i tratti antropologici e culturali, lasciando tracce in numerosi siti archeologici e riti popolari.

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“L’Abruzzo ha una vocazione teatrale. È una scena, un’immagine altamente spettacolare.

Le sue montagne,

le sue colline cubiste,

i suoi verdi pascoli

e boschi,

le città,

i borghi,

i casolari,

le chiese,

le pievi,

gli eremi

sono uno splendido luogo, un ‘qui’ fascinoso e nobile”, scriveva Giorgio Manganelli nella sua Favola Pitagorica.

<(Manganelli) appoggia le immagini di questo Abruzzo teatrale sulle spalle di due grandi, e tanto diversi, abruzzesi: D’Annunzio e Silone. Due scrittori che sull’Abruzzo hanno costruito, il primo un ‘mito pastorale, violento e ieratico’, l’altro un’epopea popolare e contadina, dando dignità letteraria agli ‘umiliati cafoni, ai poveri, alle vittime’>, scrive Antonio De Frenza nella presentazione al volume fotografico Attimi d’Abruzzo di Mauro Vitale e Vinicio Salerni.

“L’Abruzzo innanzitutto è schivo nella sua bellezza. Non si mette in mostra, non si propone, non chiama, non è sedotto dal valore aggiunto; troppo ne ha di proprio per esserlo. È roccioso in ogni senso, ma quando viene chiamato a mostrarsi, rivolge un invito a chi lo fa, dicendo della propria bellezza: io sono questo, non cambiarmi non arricchirmi non alterarmi.

Il paesaggio d’Abruzzo contenuto tra l’Appennino roccioso e il mare poco impetuoso esplode tra le pieghe della terra, in un silenzio milionario: spiritualità e misticismo si rapprendono in forme scolpite nella roccia a dare struttura e spazio agli eremi.

Lungo la dorsale appenninica si muove una comunanza di potenzialità culturali poi concretizzate e stabilizzate nella diversità delle espressioni culturali, una comunanza di saperi tecnologici e di espressività artistica, peculiarità locali e rimandi ad una concettualità mediterranea si fondono assai presto con risultanze di saperi e propri dei paesi che oggi chiamiamo europei” (Rosanna Tuteri, Attimi, come battiti di eternità, in Attimi D’Abruzzo, Mauro Vitali, Vinicio Salerni, D’Abruzzo Edizioni Menabò).

Bucchianico

Il paese di Bucchianico. Ph Ascanio Buccella
L'agro di Bucchianico
Il Santuario di San Camillo De Lellis
Piazza De Lellis
I fiori di Carta
Sant'Urbano in processione
Le Ripe dello Spagnolo
L'Olivastro di Bucchianico

Tra la Maiella e il mare, a due passi da Chieti, stagliata sulla sommità di un colle, tra i fiumi Foro e Alento, sorge la città di Bucchianico, antico centro medievale, luogo di cultura e di fede. Qui, nel 1550, è nato San Camillo De Lellis, il “gigante della carità” con la croce rossa sull’abito nero, patrono del personale sanitario e degli infermi, primo nella storia della Sanità a organizzare l’assistenza ai malati. Il santuario a lui dedicato, con l’annesso museo, si trova nel centro storico del paese noto per la bellezza del costruito in mattoni cotti.  

A un passo dal Santuario c’è una pasticceria rinomata che si affaccia sulla piazza principale dedicata al Santo, spaziosa e adiacente a un elegante porticato, circondata da composti alberelli. Dai tavolini del Bar Pasticceria Gentile, che nei periodi miti si trovano proprio sulla piazza, si può ammirare il sontuoso complesso a mattoni cotti che ospita la classicheggiante chiesa di San Michele Arcangelo e il Municipio. Qui si può ordinare il dolce tipico, la croce, una semplice pasta lievitata con crema pasticcera, cotta al forno, per una colazione di altri tempi.

Nel mese di maggio il paese richiama migliaia di persone per la coloratissima Festa dei Banderesi e delle Some di Sant’Urbano, che vede sfilare dalle periferie al centro carri e donne in costume tradizionale con cesti di fiori di carta realizzati durante i laboratori invernali organizzati nelle varie contrade.

Il terreno è costituito da una base compatta di argille grigio-giallastre ed è profondamente inciso da fossi e “ripe” che danno luogo alle caratteristiche forme di erosione dei calanchi. Nella vallata dell’Alento questi assumono un aspetto imponente, come nel caso delle Ripe dello Spagnolo, riconosciute bene di interesse comunitario, che si sviluppano per circa 3 chilometri e mezzo, con varie concrezioni plastiche e un’altezza che in alcuni punti arriva a oltre 100 metri.

Gli stessi calanchi possono essere ammirati da ogni lato del paese, riconoscibile per il panorama unico che abbraccia un ampio spaccato di mare, l’intero massiccio della Maiella, lo splendido Gran Sasso, la valle del Pescara (dalle Gole di Popoli al mare) e decine di paesini abbarbicati su colli e monti. Si scorge anche l'agro di Bucchianico puntinato da numerosi uliveti. Inserita tra le "Città dell'Olio", conserva una varietà autoctona di ulivo, unica nell'intero panorama italiano: l'Olivastro di Bucchianico.

Interessanti sono le case di terra cruda ancora esistenti e vari torrenti che scorrono tra le campagne (Rio-Seripenne, Focaro, Valige).

Bucchianico è molto ben collegata ed è facilmente raggiungibile sia in aereo che in macchina o dalla vicina ferrovia. La strada a scorrimento veloce Francavilla – Guardiagrele la collega alle spiagge di Francavilla al Mare in 15 minuti e alle piste da sci della Maielletta in 30 minuti.

 

Casacanditella

(m. 432 - ab.1317) Casa candida, come nel 1173 una bolla papale chiama il nucleo abitativo, deriva dall'insediamento di qualche villa rustica di età tardo imperiale, ripopolata nel VII secolo dalla Bonifica cassinese e dal conseguente incastellamento longobardo, popolo di cui mantiene alcuni usi, come ad esempio le farchie per Sant’Antonio abate. La feracità del territorio, punteggiato da frazioni, tra cui emerge anche per antichità Semivicoli, e da case sparse, attrasse, sul finire del XV secolo, una comunità schiavona, proveniente dall’altra sponda dell’Adriatico, la cui presenza è ancora ricordata dalla memoria popolare e da alcuni toponimi.

Divenuto feudo dei Valignani dal XVI secolo in poi, sviluppò la sua vocazione agraria che ancora oggi ne fa uno dei maggiori centri della produzione vinicola e dell’Olio d’oliva. Il centro storico, di impianto ottocentesco, conserva alcuni palazzi signorili e la chiesa parrocchiale di San Gregorio con bella facciata di gusto barocco, la cui verticalità sottolineata da due lesene laterali, è mitigata dalla cornice modanata e aggettante che la divide in due settori, di cui il primo accoglie il portale rococò e il secondo un finestrone.

Si citano anche la chiesa di San Rocco, dello stesso stile della parrocchiale e il Santuario della Madonna Assunta. All’interno, degno di nota è il gruppo ligneo raffigurante la Madonna con Bambino, attribuibile ad una bottega abruzzese del XIII secolo. Intorno alla statua si è sviluppato il culto della Madonna della quercia.

Una sua storia, almeno per le origini, sembra avere Semivicoli (dal tardo latino summus viculus) feudo prima della Contea di Manoppello e poi dei Valignani, baroni di Vacri a cui si deve un bel palazzo seicentesco con ampie cantine e appartamenti di residenza. La Chiesa di San Nicola di Bari, fondata nei primi anni del Trecento, è stata completamente rinnovata nell’Ottocento.

Casalincontrada

Il paese di Casalincontrada è un piccolo borgo della provincia di Chieti e fa parte dell’Associazione Nazionale Città della Terra cruda per avere il più alto numero di case di terra. Si trovano sul suo territorio 124 edifici costruiti con la tecnica del “massone”, dei quali il 48% è situato in ambiente urbano e il 52% in zona rurale. Le case di terra sono costruite utilizzando un impasto di terra e paglia, raramente intonacate, si integrano con la terra arata della collina abruzzese. La causa prevalente della diffusione delle case di terra è individuabile nelle profonde modificazioni della struttura agraria e fondiaria del territorio avvenute a metà del secolo scorso, allorquando la divisione delle proprietà, la maggiore sicurezza delle campagne, portò alla diffusione delle abitazioni sui fondi anziché in nuclei localizzati e lontani dai campi.

In seguito i processi di abbandono e di sostituzione degli edifici in crudo, già avviati negli anni '50 e '60, in concomitanza con la cosiddetta deruralizzazione, si intensificarono con la periferizzazione della campagna fino a raggiungere livelli difficilmente recuperabili.
Da ciò è facile desumere che le aree interessate da questo patrimonio architettonico in terra cruda, in Abruzzo come nei territori marchigiani a nord del Tronto, sono notevolmente diminuite.

L'odierno paesaggio rurale è ancora testimone di questo processo di colonizzazione. Le costruzioni si diffondono privilegiando i crinali, la sommità delle colline e la posizione di pendio. Le case di terra difficilmente si organizzano in nuclei.
La costruzione con la terra non fu che una scelta obbligata per le caratteristiche, difficilmente eguagliabili, di reperibilità ed economicità che questo materiale offriva; il fenomeno che ne scaturisce è quello dell'autocostruzione. 
L'abitazione in terra non genera una tipologia edilizia particolare ma si ispira al patrimonio insediativo già consolidato nel tempo. Sono due i tipi prevalenti: la tipologia a blocco ad elementi trasversali a un piano, che nasce per elementi aggiunti in tempi successivi; la tipologia definita "italica", propria della casa mezzadrile in laterizio, che sovrappone, collegandoli attraverso una scala esterna, l'abitazione al rustico. Inoltre questa sovrapposizione testimonia, nella volontà di limitare lo spazio, una derivazione da tipologie urbane dove questa necessità era più sentita assumendo anche l'elemento della scala interna. Pur se rare, abbiamo tipologie a pianta quadrata con caratteri dimensionali più elevati.
Le case di terra quindi non possono essere considerate costruzioni primitive, ma frutto di un'integrazione istintiva fra necessità economiche, tradizioni tipologiche e tecnologie edilizie.

In un ambiente vicino alla tradizione contadina come Casalincontrada “la casa a terra” mantiene la propria identità legata, soprattutto, alla conoscenza tramandata dagli originari abitanti e costruttori; qui la casa isolata conserva meglio il suo rapporto con i campi laddove, però, non è compromesso, analogamente alla periferia urbana, dal crescere disordinato delle contrade, omogeneizzate e anonime. Proprio per questo il Comune di Casalincontrada nel 2008 ha acquistato la casa di terra n.7 del Censimento regionale con l’intento di recuperarla, dando inizio così ad un laboratorio permanente. La casa prende il nome dalla sua ultima abitante “Teresa”. La Casa di Teresa è ciò che resta nel comune di Casalincontrada di un borgo di case di terra situato in contrada Fellonice, che tra il 1960 e il 1970 ha visto una lenta sostituzione con le “case nuove”. In una di queste case nuove è vissuta Teresa che è stata testimone dei lavori di recupero iniziati nel 2014. L’attuale forma della casa, costituita da due moduli su due livelli, vede quello a monte realizzato agli inizi degli anni 50. I nuovi spazi della casa che comprendevano la stalla, la cucina e le camere, sono diventati luoghi di memoria sul passato della vita rurale del paese di Casalincontrada.

La terra ci lega in maniera unica alla natura e alle nostre origini primordiali, è una materia piena di energia e significati. Perciò lavorare con questo materiale, o addirittura abitare in una casa di terra, significa percepire un valore che va al di là dell’aspetto materico stesso. C’è ovviamente di più, le case in terra hanno delle enormi potenzialità dal punto di vista del comfort e della sostenibilità. Con spessori murari importanti, queste case hanno un ottimo isolamento e sfasamento termico, ossia rimangono calde d’inverno e fresche d’estate conservando oltretutto un ottimo controllo igrotermico: il risultato è che ci si vive bene.

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