Molti compaesani di Tonino espatriarono in Canada, ma “io la mia America ce l’ho già. La mia vita è il mio paese natio, per nulla al mondo lo lascerò. Per nulla al mondo potrei abbandonare di nuovo la mia casa, i miei affetti”, racconta Tonino a Fanciulli. Preferiva lavorava 13-14 ore al giorno in bottega, saliva a casa solo per pranzare e poi giù per riprendere a lavorare ai suoi manufatti. Continuava a viaggiare come venditore ambulante: Frascati, Tagliacozzo, dove a volte pernottava. Il periodo migliore per raggiungere Frascati o i Castelli Romani era quello della vendemmia in quanto riusciva a vendere tante “cannelle” per le botti, anche in cambio di vino bianco.
Il Ticchettìo del suo tornio ha continuato a scandire il tempo del paese e lo avrebbe fatto per molto tempo ancora. La sua bottega era sempre aperta per chiunque volesse osservare la sua arte, giovani e bambini curiosi, persone di passaggio e tanti amici. Soprattutto i bambini iniziano a frequentarla spesso, attratti da un’arte tanto antica, da trottole e tanti Pinocchio. Mastro Tonino aveva un trasporto istintivo verso loro, uomo buono, aveva conservato negli occhi semplicità e meraviglia.
“Ho sposato Filomena e sono rimasto qui. Continuo l’arte del fusaro, lavorando e crescendo dignitosamente cinque figli. So lavorare bene con le mani e le aziende locali mi hanno sempre dato da lavorare. Ho trascorso 64 anni a lavorare il legno in azienda, quarant’anni in una ditta e venticinque in un’altra, senza prendermi mai un giorno di malattia. E non ho mai abbandonato la mia bottega sotto casa, c’è la mia vita qui dentro, da sempre”. All’età di 90 anni si svegliava ancora alle 6 del mattino per andare nella sua bottega e lavorare il legno, toccarlo, trasformarlo.
A mastro Tonino piaceva ascoltare quello che diceva la gente. E la sera, dopo il lavoro, leggeva: “Ho letto molto, e leggo ancora perché voglio sapere, voglio conoscere il mondo”. Uomo di cultura, lavoratore instancabile. Mai appagato nella sua curiosità, era motivato dalla voglia di scoprire cose nuove. Anche l’attualità lo interessava, gli dava la possibilità di viaggiare senza spostarsi. Ma non ha mai smesso di fantasticare nuovi mondi ai quali è riuscito a dare voce e materia. L’energia gliela davano i suoi affetti e l’amore per la famiglia ma, da buon abruzzese, preferiva parlarne poco. Invece parlava molto della guerra, dei patimenti, della pazienza, che hanno dato un senso alla sua vita, sempre pronto a trovare la forza di ricostruirsi, reinventarsi, ricominciare.
A Pretoro erano in molti a praticare l’arte del “fusaro”, artigiano specializzato nella realizzazione del fuso, strumento per trasformare la lana in filamento, fondamentale nel lavoro delle filatrici. Anzi, Pretoro era considerato il paese dei fusai. Nei mercati, anche fuori regione, veniva acquistato solo il fuso realizzato a Pretoro: “il fusaro deve essere di Pretoro”, si diceva. I fusari partivano da questo piccolo paese dell’entroterra abruzzese verso città d’arte o di mare: Lecce, Tivoli, Frosinone, Roma, Foligno. Muniti di carta di passo con timbro Reale, passaporti nominativi, spesso seguendo la più sicura via dei tratturi. Il re ordinava di non ostacolare in nessun modo il loro cammino.
A volte i fusari si recavano nelle Puglie insieme ai pastori che svernavano le greggi. In Gargano avevano fama di veggenti: “sulla via della transumanza L’Aquila-Foggia di Pretoro sono ritenuti per indovini. Abbassando l'orecchio a terra, essi odono tutto ciò che avviene da lontano”. (Giovanni Pansa, Leggende Medievali Abruzzesi). È probabile che durante questi viaggi gli artigiani del legno abbiano trasmesso l’arte di intagliare il legno ai pastori divenuti anche loro abili.
Non solo fusi, utensili e oggetti vari. Strumenti musicali, giochi per bambini, statuine raffiguranti i volti di personaggi storici e letterari. Mastro Tonino costruiva abilmente gli strumenti della tradizione abruzzese, come zampogne e pifferi, miniature di oggetti del mondo rurale, attrezzi rudimentali dell’arte contadina e pastorale, fuselli per il tombolo, imperatori. Si ritrovano nel suo laboratorio “tutti insieme in un ginepraio intricato di idee, pensieri, azioni che trasformano il legno in meravigliose creature. Ogni pezzo di materia è costruito con le sue mani, non solo il legno che lavora, ma gli attrezzi, le suppellettili. Negli anni mastro Tonino ha realizzato delle vere e proprie opere d’arte: dalla miniatura della Tour Eiffel al Pantheon, dal Duomo di Milano alla Mole di Torino, alla Basilica di San Pietro, la fontana di Trevi. Numerosissime sono le opere che ha realizzato in scala, prendendo spunto solo da un foglio di giornale o una fotocopia sbiadita. Non le ha mai viste di persona, le immagina per grandezza e maestosità”. Sono, per questo, più preziose di una riproduzione, sono opere d’autore. Aggiungendo elementi o eliminandoli, modificando le dimensioni, evidenziando gli elementi preferiti, mastro Tonino ha espresso tutta la sua arte creativa, la fantasia fanciullesca, lo stupore incantato davanti ai monumenti storici. Colpo di martello sullo scalpello, raspa che sfrega, soffio energico per liberare il manufatto dalla segatura, così dava vita, forma e colore a un semplice pezzo di legno, spesso tagliato con le sue mani nel bosco.
I monumenti e le cattedrali in legno realizzati da mastro Tonino sono attualmente esposti a Pretoro, nel Museo dell’Arte “Nicola D’Innocenzo”, adiacente alla chiesa di Sant’Andrea. Una sorta di Italia in miniatura riprodotta attraverso le sue opere d’arte più conosciute. L’Ingresso è gratuito.
Si può unire la visita del museo con quella del paese e dei mulini rupestri, per udire nella quiete il canto del vento, il frastuono del fiume e ritrovare l’anima dell’uomo di legno che abiterà per sempre la sua Maiella.
Ph dalla Pagina Facebook "Mastro Tonino" https://www.facebook.com/Mastro-Tonino-1772791976367032
Letture consigliate
Fabrizio Fanciulli, L’uomo di legno, Sigraf Editore, 2018
Il Parco Nazionale della Majella, Multimedia Edizioni, 1997
Paolo Rumiz, Il filo infinito, Narratori Feltrinelli, 2019