di: Anna Crisante

Birrificio Maiella e un irish pub a Pretoro

Dove trovare convivialità e qualità

gennaio 2025

Con l’Open Day del 4 e 5 gennaio, il Birrificio Maiella di Pretoro ha festeggiato i 16 anni della sua attività.

L’azienda artigianale aveva aperto nel dicembre 2008 a Casoli ed è stata trasferita nella parte più bassa del piccolo borgo arroccato sulla Maiella nel 2014, in località Cerrani, legando la sua immagine alla montagna del Parco Nazionale della Maiella.     

Adiacente allo stabilimento di produzione sorge il Beer Garden, locale che unisce il fascino nordico dell’irish pub, per via del colore caldo del legno e del mattone cotto, e la tradizione del luogo conservata nella stufa economica della nonna, sempre accesa in inverno, e dalle cornici di legno realizzate con le finestre delle vecchie case di Pretoro, che evidenziano le foto storiche. In legno anche tavolini, sedie e il classico bancone per gustare le pinte di birra in una pausa veloce. Il Beer Garden conserva l’anima dei pub irlandesi, oggi un’istituzione nel mondo, nati come luogo di aggregazione, per favorire la conversazione e la conoscenza tra le persone. Posto ideale per un semplice aperitivo, ma anche per una cena di arrosticini con pane e olio e pizza al forno, con ingredienti di alta qualità. La luce che entra dalle ampie vetrate rende l’atmosfera accogliente e conviviale, amplificata dall’affabilità del gestore che si intrattiene volentieri con i suoi ospiti in piacevoli chiacchierate. Lui è Massimiliano Di Prinzio, birraio e titolare del Birrificio Maiella, che nel 2008 ha aperto il primo stabilimento a Casoli, sempre in provincia di Chieti.

Massimiliano, mastro birraio che trasferisce nella birra la storia del suo territorio

Massimiliano Di Prinzio e le sue birre

Prima di diventare birraio, Massimiliano era dirigente in un’azienda, responsabile della qualità: “mansione ad alto stress”, dice. “Durante una seduta di yoga ho avuto una illuminazione e ho deciso di dedicarmi alla mia passione, la produzione di birra. In quel tempo i birrifici italiani erano meno di 300. Prima del 2020, anno del Covid, erano 1200, oggi si sono stabilizzati in circa mille.

Nel primo impianto ogni cotta era di 120 L, mentre con lo stabilimento più grande di Pretoro ogni cotta arriva a 1600 L. La nostra è una piccola produzione di 450 ettolitri l’anno e, anche se esportiamo all’estero, preferiamo concentrarci soprattutto sul punto vendita del Beer Garden, nuovo locale in cui si promuovono direttamente i prodotti”.

Fin dall’inizio – è lui stesso a raccontarlo durante l’Open Day - la filosofia di Massimiliano è stata la valorizzazione dei prodotti del suo territorio: il farro, il grano Solina e Cappelli sono delle zone montane delle vicinanze. Ma anche frutta, fiori e miele arrivano dai dintorni. Lavanda, camomilla, petali di rosa hanno reso le sue birre famose nel mondo, anche per essere stato il primo birraio a inserirle nella birra: “la ‘Novi Luna’ viene esportata in Giappone e Cina per le sue note floreali dovute alla lavanda. La ‘Cluviae’, nome ripreso dal sito archeologico dell’antica città romana in territorio di Casoli, è preparata con le mele casolane e grano Cappelli, dal gusto particolarmente fruttato. Note floreali di lavanda sono presenti anche nella ‘10-50’, la nostra prima birra prodotta in casa, a bassa fermentazione, la birra dell’inizio del nostro cammino, etichettata dopo dieci anni dall’apertura del birrificio, quando ho compiuto 50 anni. Note agrumate, invece, per la presenza di buccia d’arancia, nella ‘Magia d’Estate’, birra di frumento (grano Cappelli) ispirata alle weiss tedesche.

Abbiamo 13 diverse tipologie di birra: si va da una blanche speziata con i fiori, alla rossa con miele, grano Solina e farro, dalla bionda con le mele casolane a birre più luppolate con luppoli americani, neozelandesi e australiani. Una novità sono le IGA, birre realizzate con aggiunta di mosto d’uva”.

L’acronimo IGA sta per Italian Grape Ale (birra italiana all’uva e Ale che sta per birra ad alta fermentazione), uno stile di birra aromatizzato con mosto d'uva. Le due IGA del Birrificio Maiella sono ‘Transumanza’, preparata con il mosto di uva Pecorino e ispirata alla montagna Maiella, e ‘Papè’ con mosto di uva fragolino, ispirata all’omonima brigantessa. Storie di pastori, briganti e migranti che entrano nel modo di concepire un tipo di birra, non limitandosi alla sola scelta del nome, e che legano maggiormente prodotto e territorio. Come anche la ‘Bucefalo di Natale’ la speciale birra di Natale, preparata con mosto cotto di Montepulciano, caratteristica produzione della vicina Roccamontepiano, da gustare davanti al calore del fuoco di un camino.

“La nostra birra iconica - continua Massimiliano - è la ‘Matthias’, nome del mio primo figlio, che ha vinto molti premi, anche in Belgio, e ha avuto le recensioni di Slow Food, Repubblica, Sole 24Ore: una Ale con i cereali Solina e Farro e miele di Acacia di Tornareccio”. Non poteva poi mancare la birra dedicata a sua figlia ‘Isabel’, realizzata con grano Cappelli usato a crudo, che dona acidità e sapore in bocca più caratteristici, e un mix di luppoli provenienti da Nuova Zelanda, Australia e Usa. Luppoli americani e neozelandesi anche per la ‘Emigrante’, una Ale con malti tedeschi, inglesi e belgi.

Tutte le birre, comprese in una gamma di grado alcolico che va da 3.9% a 9% Volumi, sono illustrate e descritte da una speciale Carta della birra che suggerisce anche gli abbinamenti.

Tre camere distinte nel Birrificio Maiella

Massimiliano Di Prinzio nel Birrificio Maiella

È lo stesso Massimiliano a illustrare come viene prodotta la sua birra.

Quattro sono gli ingredienti base:

-l’acqua dalla sorgente che si trova dietro il birrificio;

-il luppolo prodotto al 100% da filiera agricola italiana, proveniente da Teramo;

-l’orzo maltato: orzo di Frosinone, maltato in Umbria;

-i lieviti.

“La maltazione viene fatta a monte del birrificio: raccolto l’orzo, viene portato in maltificio dove viene sottoposto a una prima fase di lavorazione in cui vengono scomposte le catene enzimatiche per agevolare il lavoro del lievito.

Lo stabilimento del Birrificio Maiella ha 3 camere separate: produzione, fermentazione e imbottigliamento/etichettatura.

La materia prima arriva nel magazzino in cui si trova il mulino che schiaccia i chicchi d’orzo e degli altri cereali del mix, pur lasciandoli integri. L’orzo viene poi trasferito in camera di produzione dove avviene la fase di ammostamento che degrada ulteriormente le catene enzimatiche. Il mosto d’orzo viene prodotto nel tino di bollitura e successivamente, con il sistema Whirpool, si separano i residui dal mosto che risulta dolce, quindi viene aggiunto il luppolo al termine della bollitura per conferire l’amaricante e per le sue proprietà di conservazione e antiossidanti. Queste proprietà furono scoperte nel XII secolo da Santa Hildegard von Bingen, monaca benedettina e botanica tedesca, che introdusse una vera e propria rivoluzione brassicola: grazie alla sua azione stabilizzante e conservante, il luppolo trasformò il modo di produrre birra, permettendone una durata maggiore e una produzione su scala più ampia. Ci vollero secoli prima che il luppolo cominciò a diffondersi e diventare un ingrediente indispensabile per i birrai. Prima della sua scoperta, la birra, insieme alle sue erbe, trasferiva batteri e muffe.

Nella stessa fase che segue la bollitura, possono essere inseriti i fiori, il miele e la frutta. Una volta che i residui si compattano sul fondo del tino, il mosto viene trasferito velocemente all’interno dei fermentatori, nei quali vengono introdotti i lieviti per trasformare lo zucchero in alcol. In questa fase si produce CO2 e si verifica l’innalzamento della temperatura che controlliamo costantemente a seconda del tipo di birra che vogliamo produrre.

Viene prima ottenuta la birra bionda, poi l’ambrata e poi la scura, secondo il grado di tostatura.

Nelle prime 46/72 ore c’è il massimo dell’attivazione del lievito. Poi lo zucchero diminuisce e quando siamo sicuri che tutto il mosto (né filtrato, né pastorizzato) sia stato trasformato in alcol, iniziamo ad abbattere la temperatura. I 15 giorni successivi sono fondamentali per ottenere la limpidezza. Il mosto viene trasferito nel miscelatore in cui vengono inseriti lieviti nuovi e zucchero. Successivamente inizia la terza fase della preparazione, c’è il conferimento nei fusti o nelle bottiglie, che vengono trasferiti in una camera calda: da 3° si passa a 18° per riattivare i lieviti che creano CO2, la quale resta imprigionata nel contenitore. Si produce gas naturale, quindi avviene una rifermentazione. Alla fine c’è l’etichettatura.

Tutto questo processo dura due mesi, al termine del quale il ciclo ricomincia ininterrottamente.

Con il recente ampliamento dell’azienda vogliamo valorizzare per il nuovo anno 2025 il MAIELLA'S

UTTOBEER FEST, festa nostrana dedicata alla birra”.

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