di: Abruzzo Marrucino

Paesaggi Sonori. Tomoko Sauvage porta i suoni dell'acqua sulla Maiella

Dal al

Serramonacesca

Abbazia San Liberatore a Maiella


Con il concerto della sound artist giapponese Tomoko Sauvage i suoni naturali della Maiella si sono confusi con composizioni musicali di gusto orientale, creando una sensazione di armonia e di profondo contatto con il luogo. La Montagna sacra si è rivelata lo scenario ideale per ascoltare suoni derivati da una lunga ricerca, ma anche per sperimentare nuove sonorità.  Immersa tra i boschi di Serramonacesca, nell’abbazia di San Liberatore a Majella, Tomoko ha suonato con un "sintetizzatore naturale" da lei progettato, composto da ciotole e recipienti di porcellana riempiti d'acqua, strumento tradizionale indiano, il jal tarang, che lei ha amplificato con idrofoni, speciali microfoni per liquidi, introducendo una innovazione tecnologica rispetto alla tradizione indiana. La sua ricerca nasce dall'acqua nelle sue diverse forme, gocce, onde e bolle. Il suo lavoro verte su un delicato equilibrio fra controllo e apertura al caso, su percussioni accidentali di gocce, con caratteristiche acustiche dalle fragili tonalità create a partire da materiali fluidi ed effimeri, in un processo di costante movimento e dissoluzione che catturano lo spazio.

Tomoko Sauvage con jal tarang

L’artista giapponese vive a Parigi. “Da 15 anni faccio ricerca sperimentale con i suoni - dice l’artista da noi intervistata durante il suo soggiorno a Borgocapo di Casalincontrada, struttura in terra cruda plasmata dall’acqua-. Col tempo sono arrivata a sperimentare suoni con l’acqua, ma ho iniziato studiando pianoforte e jazz a New York. Mi sono interessata alla musica indiana grazie all’incontro con Alice, la moglie di John Coltrane, e con Terry Riley, uno dei maggiori rappresentanti della musica minimalista. In entrambi si avvertiva l’influenza della musica indiana e me l’hanno trasmessa. Ho assorbito anche la musica new age che ricerca i benefici terapeutici. Il fascino che su di me esercitava la musica orientale si è trasformato in studio quando mi sono trasferita a Parigi, nel 2003. A Parigi ho conosciuto Anayampatti Ganesan, musicista dell’India meridionale che mi ha fatto conoscere il jal tarang e che mi ha influenzata in modo decisivo. Lui fa musica carnatica, cioè legata alla sfera religiosa e, ispirata dalla sua musica, ho iniziato a suonare con le bolle e l’acqua nella mia cucina.

Mi piace l’aspetto tattile e sensoriale dell’acqua, ma avverto anche un piacere visivo. Ho iniziato a studiare il movimento dell’acqua e il suo suono tramite gli strumenti. La quantità di acqua presente nella ciotola cambia il tono del suono prodotto, basso se c’è molta acqua, acuto se ce n’è poca. Questi suoni possono avere proprietà terapeutiche e aiutano la contemplazione. Vivo in città ed entrare in rapporto con l’acqua per me equivale a un’immersione nella natura, rappresenta il sogno che in città non posso realizzare. Mentre produco i suoni ho come la sensazione di stare dentro il mare o di galleggiare. A Lisbona, Berlino, Zurigo ho suonato nelle cisterne delle riserve d’acqua. L’acqua è un elemento sacro in India, ma lo è anche per il cristianesimo attraverso il battesimo, l’acqua è all’origine del cristianesimo, l’acqua è purificatrice.

L’acustica della chiesa è ideale per la mia musica, è una struttura molto alta tipica dell’architettura europea, amplifica i suoni. Suonare sulla Maiella ha per me un valore particolare in quanto considerata una montagna sacra, come sacra può essere anche la mia musica. So bene che chi è nato vicino alla montagna non ne può vivere lontano. Subito dopo il concerto all’abbazia di San Liberatore torno in Giappone dalla mia famiglia che non vedo da due anni a causa della pandemia. Ad agosto mi esibirò in Svezia e Stoccolma, a settembre sarò a Berlino, mentre a ottobre mi esibirò nelle percussioni con acqua che si scioglie dal ghiaccio finendo nelle ciotole, all’interno di un’installazione artistica. In novembre a Modena accompagnerò una nuova installazione”.

 

Nella Biennale d’Arte di Venezia 2022, la musica di Tomoko ha fatto da colonna sonora in un video che ha accompagnato l’installazione artistica di Saodat Ismailova, un ricamo tradizionale di Tashkent che rappresenta la cosmologia femminile ed evoca protezione, guarigione e fertilità, realizzato dall’artista su un tessuto bianco. Il video è stato girato nelle celle sotterranee, strutture destinate alla pratica dell’autoisolamento e della meditazione, spesso costruite accanto alle tombe dei santi locali in Asia centrale.

Con il suo jal tarang tecnologico Tomoko produce suoni armonici che rimettono in contatto con sé stessi, evoca suggestioni di cavità e caverne, è come entrare dentro un mondo nascosto e segreto. Si torna all’elemento primordiale, l’acqua di cui sono composti l’uomo e la Terra. Il suono è liquido, riconduce a ciò che è esistito prima della parola e prima delle note, come un tornare all’inizio della creazione, all’essenza della vita. Sembra la voce della Natura, ci si sente avvolti dall’acqua: la stessa sensazione che devono aver provato i monaci dell’abbazia di San Liberatore a Maiella, dominati dal fruscio della foresta, dal frastuono del fiume Alento che lì sorge, ma anche dai vuoti delle caverne scavate nella pietra ancora visibili intorno e dal silenzio durante la preghiera. Durante il concerto si respirava misticismo e spiritualità propagati dal suono etereo e leggero, connubio evocativo con la luce che penetrava dalle aperture sulle pareti, molto vicina al bianco, all’astratto, al divino, in un’assenza di tempo, come una sospensione.

È stata un’esperienza-concerto, come vuole il progetto ideato e realizzato dalla violoncellista Flavia Massimo e da Massimo Stringini, fondatori di Paesaggi Sonori, il Festival itinerante per le montagne abruzzesi che fa tappa in diverse località. Il 2022 vedrà partecipare artisti provenienti da tutto il mondo, in nove tappe che si terranno da inizio luglio al primo weekend di settembre. Un’iniziativa all’insegna della connessione tra musica e natura in cui è abolita la barriera del palco tra pubblico ed artista. Il Festival dà la possibilità di conoscere il paesaggio, i concerti saranno immersi nella natura o comunque in luoghi di rilievo storico ed artistico.

pavimento musivo San Liberatore a Maiella

La maggior parte dei luoghi dei concerti è raggiungibile a piedi affinché durante la camminata le persone si preparino ad accogliere la musica. “Crediamo che i nostri “teatri naturali” possano contribuire a rafforzare il rapporto tra uomo ed ambiente attraverso la musica”, sostengono gli organizzatori che hanno cercato caratteristiche musicali che si collegassero perfettamente ai luoghi scelti e che avessero con essi un legame speciale. Come è successo con Tomoko Sauvage nell’abbazia di San Liberatore che è stata sonorizzata a 360° in modo da essere avvolti dal suono.  

https://www.facebook.com/paesaggisonoriabruzzo/

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