di: AA. VV.

San Rocco, il pellegrino con la conchiglia

"Ma San Rocco è esistito veramente e, se sì, chi era? (di Maria Conetta Nicolai, insegnate di Antropologia e Beni culturali)

Certo che è esistito veramente; era un bel giovanotto, nato a Montpelier verso il 1340 da una nobile famiglia, che dopo aver studiato nella locale e rinomata scuola di medicina fondata un secolo prima dai Templari, scese in Italia intorno al 1365 per svolgere una missione molto speciale. Vestitosi da pellegrino attraversò tutta la Via Romea per giungere infine ad loca santa e visitare le tombe degli Apostoli.

Il fatto è che in quegli anni a Roma di pellegrini se ne vedevano pochi perché il papa era ad Avignone. Anzi per essere precisi ci si era stabilito nel 1309 Clemente V (Bertrand de Got) per una questione complicata che vi dirò un’altra volta (se no andatevelo a vedere su Wikipedia - Cattività di Avignone) e ci resterà fino al 1377, quando Gregorio XI (Pierre Roger de Beaufort) cedendo alle preghiere di Caterina da Siena (ma non solo) tornò alla Cattedra di Pietro.

Per un breve periodo tra il 1367 e il 1370, il papa del momento Urbano V (Guillaume de Grimoard) aveva provato a riprendere possesso della sede romana, ma i disordini e le violenze che agitavano la città lo avevano convinto che era meglio tornarsene ad Avignone. Negli anni precedenti le missioni diplomatiche per concertare il rientro del papa si erano sprecate, ma si sa che certe cose, oltre che nella ufficialità, si fanno meglio nell’ombra e quindi si sprecavano pure gli agenti segreti vestiti da pellegrini, quelli al servizio dei francesi che si volevano tenere il papa ad Avignone, e quelli al servizio del patriziato latino (i Colonna, gli Orsini, i Cenci etc etc ) che lo volevano a Roma. Insomma, tra papi francesi e antipapi romani, che si scomunicavano a vicenda, tra missioni diplomatiche e trame degli 007 con licenza di uccidere (ed essere uccisi), quando Roche (questo era il suo nome occitano) scese a Roma per svolgere la sua missione segreta internazionale con un certo “cardinale inglese” (sembra Anglico de Grimoard) l’ambiente non era dei più raccomandabili. Tanto per fare un esempio qualche anno prima si era conclusa drammaticamente la vicenda di Cola di Rienzo, l’ultimo tribuno di Roma. Portata a termine la sua missione, Roche si avviava sulla via del ritorno, quando proprio il fatto che egli sapesse curare così bene i malati di peste e avesse curato anche sé stesso guarendo perfettamente, destò sospetti sulla sua vera identità, e siccome era chiaro che lavorasse per i francesi, giunto a Voghera fu arrestato e messo in prigione, dove morì nel 1379.

Questa è la storia umana di Roche, come la raccontano Pierre Bolle e André Vauchez, ovvero i maggiori studiosi di agiografia medievale del momento, aggiungendo però che quel che conta non è chi sia stato Roche di Montpelier, ma stabilire le origini e la diffusione del culto di San Rocco, a partire dai documenti liturgici, compreso quelli che riguardano le reliquie, se non fosse che anche questa storia è, nonostante alcune certezze, confusa e complicata. Ve la racconto un'altra volta. Per il momento, se andate a Venezia, fate una visita alla Scuola grande di San Rocco, perché oltre alle sue veneratissime reliquie avrete modo di ammirare uno dei più bei palazzi della laguna e il ciclo degli affreschi del Tintoretto che lo impreziosiscono…

Il 16 agosto si festeggia San Rocco, una figura sulla quale l'agiografia attuale ha avanzato molte perplessità, ma che per secoli ha sostenuto le speranze di una umanità dolente e impotente di fronte al dilagare di epidemie inarrestabili. E poiché le epidemie hanno sempre fatto strage (e sempre la faranno) delle fasce più deboli della popolazione, non c'è chiesa, in specie nell'Italia meridionale, che non abbia una effige di San Rocco di fronte alla quale il popolo ha implorato la grazia. Ed è questo che conta". 

Maria Concetta Nicolai, insegnante esperta di Antropologia e Beni culturali

San Rocco

 

Un'affascinante leggenda

La piccola chiesa di San Rocco rimase in piedi nella frana del 1765 (di Adamo Carulli)

"Le ipotesi più accreditate sulla presenza di San Rocco in Roccamontepiano narrano dell'arrivo di pellegrini e viandanti, ospiti nel paese pedemontano presso il castello (la Rocca), della nobile famiglia degli Orsini di Roma, nel periodo di vita in cui Rocco visse e si trattenne a Roma (1367-1370)

Ma ad attestare la presenza di pellegrini sul territorio di questa comunità, oltre ai tracciati degli antichi tratturi e dei numerosi luoghi di culto tra cui i monasteri di San Pietro e Santa Croce che ospitavano i viandanti, c’è la recente scoperta (2011) di una tomba di un giovane pellegrino.

Le spoglie erano conservate in una sepoltura le cui pareti laterali erano costituite da lastre di pietra arenaria posizionate in verticale, con una copertura dello stesso materiale in orizzontale.

Questa specie di urna ha salvaguardato le spoglie del pellegrino che doveva trattarsi di un ragazzino tra i 15 ed i 18 anni.

La stessa Sovrintendenza ha curato gli scavi di diverse tombe presenti in località Sant'Angelo.

Esse riemersero casualmente durante alcuni lavori sul terreno agricolo ove erano ubicate.

La tomba su cui, fortunatamente, si è arrestata la punta dell'aratro, ha consentito di recuperare oltre che lo scheletro, una capasanta (tipica conchiglia dei pellegrini), sulla cui sommità erano presenti due forellini che servivano per tenerlo legato a una cordicella all'altezza della cintola.

Le tombe, in effetti, sono state rinvenute in località Sant'Angelo ove insisteva, tra il IX e il XIV secolo, un castrum e una chiesa in antro (luogo sacro edificato all'ingresso di una grotta al cui interno sgorgava acqua di sorgente), intitolata a San Michele Arcangelo.

Gli archeologi hanno datato le sepolture e i resti del giovane pellegrino nel periodo che va tra il XIV e XV secolo.

Da valutare anche l'ipotesi che, essendo la città di Ortona dal 1258 custode delle ossa di San Tommaso Apostolo, vi furono flussi di pellegrini diretti da Roma verso la tomba del "santo incredulo", sul versante Adriatico dopo aver percorso la direttrice della Tiburtina.

Il passaggio di San Rocco qui resta pur sempre un'affascinante leggenda, ma ciò che colpisce in maniera inequivocabile è il profondo culto e la fervente devozione, soprattutto qui a Roccamontepiano e nel circondario.

Tutto sottolinea, ancora una volta, la richiesta atavica dell'intercessione divina per invocare la fine di ogni peste e pandemia.

Non vi è paese o borgo, in tutta Italia, ove non vi sia un simbolo tangibile, statua, quadro o chiesa che porta il nome di questo ragazzo laico che si fece povero e pellegrino.

Egli, nella sua breve vita, si mise a disposizione degli altri come volontario, dedito alla cura dei malati di peste.

La sua vita, nonostante sia avvolta in gran parte nel mistero, ha suscitato nei secoli trascorsi ammirazione e profonda devozioni, aspetto che resiste proprio in questo paese ai piedi della Maiella madre.

Il contesto storico e sociale in cui si muove Rocco è noto poiché ci troviamo nella seconda metà del 1300, quando San Francesco d'Assisi aveva già animato il mondo cristiano nel ricercare una Chiesa più spirituale e vicina ai più deboli.

Nato in Francia, a Montpellier nel XIV secolo, rimase orfano di entrambi e genitori in giovanissima età.

A Roccamontepiano la tradizione e la leggenda popolare lo vuole in paese ed eremita presso la grotta che porta il suo nome.

La trasposizione dell'accadimento di Sarmato si è rafforzata di gran lunga qui in seguito alla distruzione del paese avvenuta il 24 giugno 1765 e cioè quando la piccola chiesa extramoenia, elevata dalla devozione popolare, riuscì a scampare a quella tragedia che non lasciò scampo invece al paese e a circa cinquecento roccolani dei duemila residenti.

La diruta chiesa divenne ben presto un santuario molto visitato e venerato e, a poco meno di un centinaio di metri, c’è una grotta da cui sgorga acqua freschissima, ritenuta il luogo in cui San Rocco si rifugiò.

Roccamontepiano è così diventato il centro più importante del culto di San Rocco e qui, nei giorni di Ferragosto, soprattutto dal 14 aI 16 agosto di ogni anno, accorrono migliaia di pellegrini e visitatori.

L'attuale santuario è stato costruito negli anni ’50 del secolo scorso, in parte realizzato con la pietra locale, a pianta basilicale e a tre navate.

La statua del santo è del XVII secolo, di autore ignoto, ma è certo che esisteva oltre alla chiesetta uno stendardo di San Rocco.

In tutto l’Ottocento numerosi furono i pellegrinaggi a Roccamontepiano e agli inizi del secolo scorso nacque la tradizione e usanza di acquistare il tipico boccale di San Rocco al termine delle tante funzioni religiose in chiesa.

Quella della "brocche o vecale de Sande Rocche" è una usanza molto diffusa qui: sul tipico oggetto smaltato è dipinta l'effige del santo e l'anno di produzione.

L’occasione del culto acquista tutti i caratteri della festa di ringraziamento alla fine dei grandi lavori agrari.

In passato essa era anche il raduno di interi nuclei familiari e parentele allargate che trascorrevano la giornata nello spiazzo dinanzi alla chiesa, o nei prati circostanti, allestendo epici pranzi sull’erba in cui non mancavano mai la porchetta arrostita, venduta in banchi appositamente predisposti, abbondanti bevute dell’ottimo vino prodotto nella zona e il consumo di un cocomero, magari tenuto in fresco proprio nella fontana miracolosa a ridosso della grotta.

La festa si è evoluta con spettacoli musicali e pirotecnici, luna park e tante altre cose ma resta, nonostante la modernità, una delle più grandi manifestazioni devozionali con lo svolgimento della tipica fiera.

Ancora oggi molto molti fedeli giungono in questo luogo a piedi dai paesi limitrofi, per assistere alle numerose messe e per bagnarsi nell’acqua della fonte chiedendo la guarigione dai malanni o pregando per prevenirli.

Adamo Carulli, già sindaco di Roccamontepiano

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