La Pasqua porta sulle tavole abruzzesi una miriade di piatti, dal timballo teramano alla classica chitarra, dalle mazzarelle all'agnello cacio e uova, e poi ci sono i salumi, finalmente pronti dopo la lunga stagionatura invernale, il fiadone salato, i ricchi e vivaci contorni con i carciofi, su tutti quello di Cupello, e le primizie di stagione con asparagi, fave, piselli.
A fine pasto, anche il dolce si ritaglia il suo spazio, e la tradizione porta a tavola diverse preparazioni, alcune diffuse più o meno su tutto il territorio regionale, altre circoscritte a determinate aree.
In questa breve rassegna, scopriamo quali sono i dolci della Pasqua abruzzese.
FIADONE DOLCE
Se il fiadone salato domina la scena nell’area costiera e collinare abruzzese, appena ci si sposta verso l’entroterra, nell’area montana, è il fiadone dolce a farsi notare: una fragrante pasta semi-frolla e un morbido e gustoso ripieno di formaggio fresco e/o ricotta e uova.
Il fiadone dolce presenta differenze peculiari da zona a zona. A Gessopalena, in provincia di Chieti, il ripieno ha una consistenza particolarmente granulosa ed è realizzato con il formaggio fresco “macciocco” amalgamato con uova e aromi naturali.
Solitamente il formaggio prediletto per la sua realizzazione, almeno nel chietino, è la caciotta frentana. Il fiadone dolce perfetto si presenta umido, con la consistenza spugnosa e il sapore fresco e delicato. È il fine pasto ideale del periodo pasquale.
PIZZA DI PASQUA
Dolce diffuso in buona parte della regione, in particolare nel teramano e nell’aquilano, la pizza di Pasqua è un lievitato dalle tante varianti, e che di base contempla nell’impasto anice, canditi e uvetta. Per sembianze può ricordare un panettone, in quanto soprattutto nel teramano assume forma cilindrica, mentre nell’aquilano ricorda, per aspetto, il classico filoncino di pane. All’esterno presenta il tipico colore brunito, mentre al taglio mette in bella mostra una soffice pasta dorata che profuma di anice.
Tradizione vuole che sia preparata il venerdì Santo, così da far lievitare e riposare l’impasto almeno due giorni. Viene consumata e apprezzata la mattina di Pasqua, per colazione, solitamente accompagnata da salumi e uova sode.
Se volete cimentarvi, qui la ricetta della versione teramana.
PUPE E CAVALLI
Preparazione stilizzata, a forma femminile e/o di cavallo, diffusa in tutta la regione; ha una tradizione antichissima e una ricetta che ogni famiglia custodisce e tramanda di generazione in generazione. Originariamente era considerato il dolce che le famiglie dei futuri sposi si scambiavano in segno di approvazione prima del matrimonio: allo sposo toccava la pupa, alla sposa il cavallo. Con il tempo la tradizione non è andata persa, ma destinatari dell’ambito dono sono diventati i bambini. Consuetudine vuole che le nonne ancora oggi, il giovedì di Pasqua, preparino le pupe e i cavalli per i nipoti. Il dolce ha tante varianti: c’è quella di semplice pasta frolla, quella dove alla pupa e al cavallo vengono incorporate, come simbolo di amore e prosperità, le uova; poi ci sono le versioni decorate con la ghiaccia reale o all’acqua, e persino quelle di “pasta nera”, ottenute con un impasto morbido e compatto caratterizzato da una considerevole presenza di mandorle e cacao, mentre per la glassa entra in scena il cioccolato. Qui la ricetta.
SCARSELLA DI PESCOCOSTANZO
Pressoché sconosciuta oltre i confini del borgo di Pescocostanzo, la scarsella è un dolce ricco e sostanzioso: un involucro di pasta frolla che custodisce al suo interno un corposo ripieno ottenuto con tre diversi formaggi: primo sale, caciotta vaccina e pecorino. E ancora uova, agrumi, con scorza di arance e limoni come se non ci fosse un domani, canditi, uvetta, e poi lei, la cannella, l’ingrediente principe di Pescocostanzo.
Tradizione vuole che la scarsella si prepari la domenica delle Palme e che il rametto di ulivo le porga la sua “benedizione”: prima di essere infornata, sulla scarsella viene apposta una piccola incisione con la base del rametto, così da creare un foro dal quale durante la cottura andrà a fuoriuscire il formaggio fuso, “la lacrima di Cristo”.
Se volete mettervi alla prova, ecco a voi la ricetta.
PIGNA DI CASTEL DI SANGRO
Il pane dolce del giorno di Pasqua, è così che definiscono la “pigna” a Castel di Sangro, una grande ciambella profumata contraddistinta dal tipico foro centrale.
Tradizionalmente preparata la domenica delle Palme, per molte famiglie è legata al rituale del rametto di ulivo posizionato sulla stufa: se la fogliolina restava incolume senza bruciare, si poteva procedere alla preparazione della pigna, in caso contrario toccava rinunciare. C’era persino una filastrocca che accompagnava questa consuetudine, e recitava: “palma benedetta che vieni una volta l’anno, dimmi se mamma fa la pigna quest’anno”.
L’impasto viene realizzato all’interno della classica mesa del pane. Tra gli ingredienti irrinunciabili: lievito madre, lievito di birra (per conferire un tocco di “brio”), patate, uova, farina, zucchero, strutto, anice, uvetta, un po’ di cannella e scorza di limone. Una volta pronto, l’impasto viene mandato letteralmente a dormire - “deve durmi” - con tanto di copertina.
La lievitazione è lunga e delicata, tanto che un tempo era necessario alzarsi la notte e posizionare il braciere sotto la mesa, così da dispensare calore e “aiutare” l’impasto a crescere. Quest’ultimo a lievitazione raggiunta viene “porzionato” in panetti lasciati nuovamente riposare: appena pronti, con il “pugno chiuso” al centro della pasta, si va a conferire la tipica forma “a ciambella”, quindi si spennella la superficie con il tuorlo d’uovo, si decora a piacimento e si inforna. In passato si era soliti “incorporare” anche le uova, simbolo di prosperità. La pigna, rigorosamente cotta nel forno a legna, una volta pronta è particolarmente brunita sulla superficie esterna. Al taglio presenta una consistenza compatta e sprigiona un profumo inconfondibile. Il suo abbinamento ideale è con i salumi e viene consumata durante il pranzo della domenica di Pasqua servita nel cestino del pane.
[Crediti | Foto di copertina: Carmelita Cianci]