Lu lope, di Raffaele Fraticelli. Rappresentazione del Miracolo di San Domenico e il lupo, Raffaele Fraticelli, Arte Stampa Pescara, 1964
La vicenda – il bambino che viene rapito da un lupo mentre i genitori sono nel bosco a far legna; quindi, l’intervento di San Domenico che, mosso dalle accorate preghiere dei genitori, ammansisce il lupo facendo sì che lui stesso riporti a casa il piccino – si prestava molto bene ad una trasposizione drammatica. E Raffaele Fraticelli, con sottile intuizione poetica, ha fissato le scene salienti del racconto in una vera e propria sacra rappresentazione. Ogni miracolo è conseguente ad un profondo atto di fede, perciò il poeta ha impostato l’intera azione sulla religiosità ingenua e istintiva della gente di paese. I protagonisti, così, levano alla Divina Provvidenza un pensiero riconoscente, prima di toccare il pasto frugale; si segnano all’atto di incominciare il lavoro quotidiano; e quando infine invocano da San Domenico per il miracolo della restituzione del loro bambino, lo fanno con umiltà e fiducia. Il miracolo allora può compiersi: un suono di campane ne diffonde la notizia per valli e vette, fino al Monte Amaro.
Ma ciò che acquista maggior valore nelle sobrie pagine del volumetto Lu lope, edito nel 1964, è la spontaneità e la genuinità del linguaggio. Una storia abruzzese, antichissima per di più, non poteva che essere interpretata con il linguaggio nativo del popolo. E il dialetto, ricondotto qui alla sua più elementare struttura sintattica, e centrato inoltre sulle espressioni più vicine alla semplicità del mondo contadino, consegue una trasformazione quasi magica delle scene: queste, così, sembrano davvero ricondurci all’aura mistica e popolare delle Laudi umbre del Trecento.