di: Anna Crisante

I Tinari. La dinastia della ristorazione abruzzese

Villa Maiella premiata da tutte le Guide

Guardiagrele

È di Guardiagrele il ristorante dell’area di Abruzzo Marrucino ad aver ricevuto una stella Michelin dalla “Bibbia rossa” della cucina italiana, posizione confermata nella Guida da 15 anni.

Villa Maiella è gestito dallo chef Peppino Tinari, decretato “ristoratore italiano dell’anno” dalla Guida 2017 del Gambero Rosso che gli ha riservato il Premio Speciale. La stessa Guida del Gambero Rosso presenta il ristorante con 2 forchette, mentre 2 cappelli gli ha attribuito la Guida de L’Espresso che nel 2014 ha premiato Villa Maiella anche come Cantina dell’anno per la complessità e la ricchezza della carta dei vini: 1200 etichette e una particolare sensibilità al territorio abruzzese. Sempre per le Guide de L’Espresso, Villa Maiella si aggiudica anche il Premio speciale per il “Miglior locale di materia prima” 2024: “freschezza, origine locale e buone caratteristiche organolettiche: sono questi gli elementi essenziali in grado di costruire la struttura di un grande piatto”.

Il figlio di Peppino, Pascal curatore della cantina e maître, si è aggiudicato per il Food & Wine Italia Awards 2022 il premio come “Best Maître e Sommelier Under 35”, per l’ottimo servizio in sala e cantina, un nuovo stile di wine pairing (abbinamento tra calice e portate) espresso per esempio nelle degustazioni orizzontali, con focus su determinate varietà per dare la possibilità al cliente di approfondire il territorio abruzzese attraverso il confronto.

Peppino porta in giro nel mondo i sapori abruzzesi, come quando è stato a Hong Kong dove i suoi piatti sono stati serviti al Nicholini’s, ristorante del Conrad Hotels & Resorts. Specializzato nella cucina del Nord Italia e nella pasta fatta in casa, l’elegante Nicholini, situato all’ottavo piano sulla Queensway, ha voluto dedicare una settimana alla presentazione dei sapori autentici del Centro Italia e della cucina abruzzese. Per questa ragione è stato invitato dallo chef Luca De Berardinis, in collaborazione con The House of Fine Foods, all’interno della manifestazione Bellissima Italia. Nel suo menù Tinari ha inserito 15 portate, e dentro tutti i sapori e gli odori della sua terra, a cominciare dai salumi della fattoria di proprietà, circa 10 ettari.

Lardo, guanciale, pancetta, capocollo, salame steccato, salsiccia che Peppino ottiene - e cura di persona con scrupolo e pazienza - dai maiali neri abruzzesi allevati allo stato semibrado e nutriti in buona parte con gli scarti del ristorante. Un ciclo che si chiude a tavola e che rende i suoi piatti di alta cucina non solo buoni ma sostenibili.

Cominciamo così a comprendere la sua filosofia, il suo metodo di lavoro, il tipo di cucina che vuole sviluppare e il modo di concepire un piatto. Anzitutto carni fresche e materie prime genuine come conseguenza del benessere dell’animale. “La vita dell’animale – ricorda lo chef - è descritta dal sapore e dall’odore della sua carne”. Nella fattoria sono allevati anche asini, che aiutano a tenere pulito il terreno, e galline per le uova. Oltre alla qualità e alla freschezza dei prodotti, lo chef riesce a evitare gli sprechi. È con una corretta stagionatura e la buona pratica dei cicli di lavorazione, che si ottengono prodotti d’autore. La conoscenza di tutte le materie prime, il loro rispetto, la stagionalità, l’esperienza nelle tecniche di cottura e degli abbinamenti fanno il resto. Sono da assaggiare i piatti della casa forse più creativi: una tartare di asino con ostriche e rapa rossa, gioco di salato e dolce dal perfetto equilibrio o il foie gras con fichi marinati e crema di latte acida, in abbinamento anche alle birre belghe.

Tinari coltiva anche un orto con piante aromatiche e ortaggi, così che la strada tra il campo e la tavola sia la più breve possibile. Zucche, pomodoro a pera, bietole rosse, cipolla bianca di Fara Filiorum Petri, levistico o sedano di monte, finocchio marino, frutti di bosco, erba aglina, senape rossa, santoreggia, fiori di San Giacomo, shiso o basilico orientale, sono solo alcuni degli ingredienti che lo chef raccoglie al momento di cucinare.

Tinari ha contribuito poi alla riscoperta e valorizzazione del grano tenero di montagna “Solina”, collaborando con un contadino per la coltivazione. Oggi con la farina di solina, lo chef prepara il pane che utilizza pure nel piatto “gnocco al ragù vegetale”, che racconta la storia della sua gente. Nella preparazione della pasta, Peppino non si separa mai dalla sua amata ‘chitarra’ (strumento per preparare gli spaghetti) costruita dagli artigiani di Pretoro che usano solo pezzi in legno, anche nell’assemblaggio.

 L’olio extravergine di oliva è pure della casa, ottenuto da cultivar Gentile di Chieti. Molti di questi prodotti entrano nei menu che Tinari prepara nei luoghi più disparati, li spedisce prima di partire, insieme a tanti altri del territorio abruzzese, come farro, lenticchie, zafferano, miele, peperone rosso di Altino, tartufo, mandorle dolci, pecorino di Castel del Monte, ventricina del vastese. E anche in questo caso i piatti non sono soltanto buoni, veicolano una storia e un paesaggio.

Da diversi anni, inoltre, il ristorante offre una carta dedicata a the e tisane e ultimamente si sta specializzando nel mondo del caffè specialty: l’estrazione dei caffè specialty viene ottenuta con il Syphon che esalta note uniche e peculiari, un modo diverso per gustare il caffè. Il percorso, per adesso, a Villa Maiella si completa con un’attenta selezione di cocktails e distillati da tutto il mondo.

I dati rivelati dagli studi sul turismo enogastronomico, tra cui la ricerca internazionale Food Travel Monitor di WTFA, parlano chiaro: le attività turistiche legate a vino e cibo condizionano la scelta di una destinazione, sono fonte di soddisfazione o delusione, favoriscono l’acquisto di generi alimentari tipici di un luogo. Dati rilevanti per i paesi che vogliono sviluppare il turismo, che insieme ad arte e cultura potrebbe rilanciare lo sviluppo economico e sociale.

Sul cibo viene affermandosi una visione etica che sposta l’attenzione verso l’aspetto salutare di un piatto e Peppino è entrato da anni nella nuova ottica della ristorazione, favorito da un ambiente che offre tranquillità, ai piedi della Maiella e che guarda il mare. Già, perché se ti affacci sulla terrazza del ristorante ed è una giornata di sole vedi il Mar Adriatico e pensi a D’Annunzio: caro Gabriele la “finestra d’Abruzzo” è proprio qui.

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La famiglia Tinari, una storia di successi

La formazione di Giuseppe Tinari inizia nell’osteria dei suoi genitori. Quando aveva 23 anni la trasformò in trattoria e poi in ristorante, Villa Maiella appunto. Tra le tovaglie a quadretti e quelle di lino, tra la cucina tradizionale e l’alta cucina c’è di mezzo l’Istituto Alberghiero, frequentato da Peppino a Roccaraso, un’esperienza importante per tre stagioni al Cipriani di Venezia con lo chef Giovanni Spaventa che ha ospitato uno dei primi G7, il matrimonio nel 1984 con Angela, oggi collaboratrice e consigliera insostituibile. “Il genio e la stella”, li definì così il Gambero Rosso decenni fa.

Guardiese di origine, Angela è vissuta molti anni in Svizzera dove faceva la programmatrice informatica. Tornata nel suo paese per affiancare il marito-maestro nella ristorazione, a 40 anni si laurea a Bruxelles in Scienze culinarie. Gli anni passati lontano da Guardiagrele le hanno fatto guardare in modo diverso il piatto povero della tradizione, ha intuito in piena moda da nouvelle cuisine che bisognava sì riproporlo per mantenere un’identità, ma con eleganza. È stata la svolta. Lei e Peppino hanno iniziato a lavorare sull’evoluzione della cucina tradizionale, così sono nati piatti nuovi con materie prime del territorio, piatti studiati per esprimere un’idea. “Fare il cuoco - dice Angela – è una filosofia di vita, un modo di vivere”. Si dedica soprattutto alla pasticceria e ha realizzato il sogno di aprire una sala da the.

I figli Arcangelo, 40 anni, e Pascal, 36 anni, hanno intrapreso anche loro lo stesso mestiere e per questo la famiglia Tinari è una delle poche che in Italia lavora nella ristorazione da tre generazioni.

Arcangelo si è formato per tre anni nel ristorante dello chef tristellato Michel Bras, a Laguiole in Francia e oggi è responsabile di cucina, mentre Pascal, oggi maître e curatore della cantina, ha fatto esperienza ad Auberge de L’Ill, sempre in Francia. Prima aveva lavorato per un anno e mezzo con la famiglia Santini, Dal Pescatore, a Canneto sull’Oglio di Mantova, tre stelle Michelin da vent’anni.

Schivo e concreto, Peppino nel suo tempo libero ama stare nella natura e con gli animali. Lavora per riallacciare il filo della tradizione, per una cucina attuale ma con le radici e la cultura della tradizione. “Una buona cucina nasce dall’esperienza di vita” dice.

Tra i piatti forti, un carpaccio di vitello marinato al caffè e cumino montano, i Ravioli di burrata allo zafferano, una pasta alla chitarra (ottenuta solo da ‘chitarra’ di Pretoro) al ragù di agnello e ricotta affumicata al ginepro, un battuto di agnello croccante al timo su fonduta di pecorino. E come aperitivo un Trebbiano d’Abruzzo vinificato in acciaio e aromatizzato a freddo agli agrumi con il bordo del calice spolverato all’arancia, limone, cedro e bergamotto.

Il ristorante ha circa 60 posti all’interno e 40 sulla terrazza. È anche Hotel di 14 stanze. Si trova in via Sette Dolori 30, poco fuori dal centro di Guardiagrele.

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